Alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, non si è messo a dieta. A una cena di amici o a una riunione di lavoro questa richiesta provocherà un generale levarsi di mani, seguito da un infinito dibattito su regimi alimentari dai nomi fantasiosi, e da un vorticoso scambio di indirizzi dei guru del momento. Ora alzi la mano chi, dopo aver seguito una dieta, si è ritrovato a pesare come prima. Il numero di braccia alzate sarà quasi lo stesso. Perché le diete, ora è ufficiale, nel 90 per cento dei casi falliscono.
A provare statisticamente che i regimi dietetici, soprattutto se rigidi, non sono la risposta giusta per chi è sovrappeso è un gruppo di ricercatori della Ucla(University of California, Los Angeles) che ha analizzato 31 studi scientifici in cui sono stati seguiti nel tempo pazienti a dieta. "Inizialmente ogni tipo di regime dietetico porta a una riduzione dal 5 al 10 per cento del peso" riconosce Traci Mann, coordinatrice della ricerca (su American Psychologists). "Ma a distanza di pochi anni i chili persi vengono recuperati, anzi se ne aggiungono degli altri". La percentuale varia, arrivando anche a 5 chili sopra il peso iniziale. Paradossalmente, chi non si è messo a dieta acquista meno peso nell’arco di due anni di chi ha seguito un programma di restrizione alimentare. L’esempio più eclatante del fallimento l’ha offerto la celebre conduttrice televisiva americana Oprah Winfrey: davanti a milioni di spettatori ha dichiarato di pesare 92 chili e di non entrare più nei vestiti. E pensare che la dieta a base di mirtilli, funghi e asparagi del guru Bob Green nel 2005 l’aveva portata a 70 chili. Uno yo-yo alimentare il suo (meno 30 chili nel 1988 ripresi con l’aggiunta nel 1992, quando arrivò a 110 chili) che riflette il problema di milioni di americani: oltre il 65 per cento sono sovrappeso, il 34 per cento obesi.
In Italia la retromarcia sulle diete ha avuto l’avallo ufficiale di Francesca Martini, sottosegretario con delega alla Salute. "Sono deleterie, non ho mai visto una persona mantenere a lungo il dimagrimento. Ricevo molte segnalazioni di cittadini ingannati" ha dichiarato, denunciando lo spreco di milioni di euro l’anno nel grande affare della forma perfetta. A dissuadere ulteriormente gli italiani (il 34,2 per cento è sovrappeso e il 9,8 obeso) arriva la notizia che le diete, indebolendo l’organismo, lo rendono più vulnerabile ai virus influenzali. Elizabeth Gardner, immunologa alla Michigan State University, ha provato che i topi sottoposti a una dieta ipocalorica, anche se ricevono un corretto apporto di vitamine e minerali, hanno più probabilità di morire perché non producono la quantità di cellule killer necessarie per combattere l’infezione. Meglio, quantomeno, rimandare alla stagione calda i propositi di dimagrire.
Ma perché le diete non funzionano? "Viviamo in una società dove impera l’eccessiva offerta di cibo da un lato, il culto della taglia 40 dall’altro. C’è l’invito a soddisfare qualsiasi tentazione alimentare e l’obbligo di mostrare un’immagine che ci soddisfi, come se il corpo esprimesse tutto il nostro io" dice Maria Gabriella Gentile, direttore del Centro di dietetica e nutrizione clinica all’ospedale milanese Niguarda. "Per funzionare la dieta va iscritta in un programma che preveda attività fisica e uno stile alimentare in grado di ridurre le entrate e aumentare i consumi per riportare l’equilibrio metabolico. Senza trascurare l’aspetto psicologico, che significa essere consapevoli del significato del cibo per non usarlo come antidoto ad ansia, noia, stress". In agguato ci sono mille scorciatoie: dal passaparola fra amiche sulla dieta "magica" alle tante offerte sul web (tipo "manuale di 250 pagine e tre cd a meno di 10 euro"). Passando per decine di pillole, tisane, intrugli, fino ai tanto pubblicizzati test per le intolleranze alimentari. "Una truffa: le intolleranze non fanno ingrassare. Se si dimagrisce eliminando i latticini, per esempio, è perché si è privato l’organismo di alimenti importanti" puntualizza Gentile. Il risultato di anni di diete è il rallentamento del metabolismo basale, ovvero il consumo energetico a riposo. Una dieta ipocalorica di 1.200 calorie fa dimagrire nell’immediato; ma se si torna a mangiare come prima, 1.600-1.800 calorie, l’organismo che si era adattato a farsi bastare meno cibo accumula le calorie in eccesso sotto forma di grasso.
A certificare la difficoltà di perdere peso c’è anche un modello matematico messo a punto al Massachusetts general hospital. Si sapeva già che il peso corporeo tende a rimanere stabile nonostante le diete, perché il metabolismo resiste ai cambiamenti. Ora, analizzando i segnali neuroendocrini controllati dalla leptina (un ormone prodotto dalle cellule adipose), gli autori dello studio hanno visto che quando i suoi livelli sono elevati l’organismo non riesce a bruciare energia e a dimagrire; solo se l’ormone scende sotto una certa soglia il corpo raggiunge e mantiene nel tempo la perdita di peso. "Il corpo non sopporta le diete, si adatta per un po’ e poi mette in atto la sindrome da digiuno, che porta a riprendere il peso perduto" aggiunge Raffaele Ruocco, responsabile del Programma dipartimentale disturbi dell’alimentazione dell’Azienda Ospedaliera di Perugia." Occorre modificare in profondità il modo di pensare sé stessi: esiste una connessione forte fra mente e corpo, e spesso è la cattiva gestione delle emozioni a determinare il fallimento della dieta". Nel libro scritto con Pietro Alleri, Il peso delle emozioni (Franco Angeli), Ruocco illustra come riconoscere la fame emotiva, identificare le distorsioni cognitive, creare strategie alternative. La terapia cognitivo-comportamentale per chi è sovrappeso inizia a farsi strada come metodo di cura in strutture pubbliche, con sedute di gruppo o individuali. "Al centro dell’attenzione ci deve essere il corpo, non il cibo, altrimenti qualsiasi dieta è destinata a fallire. Ogni organismo è diverso dall’altro e lo stesso cibo produce reazioni differenti a seconda di chi lo mangia" avverte Pier Luigi Rossi, specialista in scienza dell’alimentazione e direttore dell’ambulatorio di nutrizione clinica alla Asl di Arezzo. Rossi propone di abbandonare il calcolo delle calorie in favore del metodo molecolare che prende in considerazione le molecole nutrienti contenute nei cibi e quelle effettivamente assorbite a livello intestinale. "L'unica dieta che funziona e quella che puo essere mantenuta nel tempo: deve essere gradevole e studiata su misura per la persona" precisa Andrea Ghiselli, ricercatore all' Inran. "Altrettanto importante è l'attività fisica: muoversi fa aumentare il metabolismo e incrementa la massa magra, quella muscolare". Uno stile di vita attivo, con almeno una camminata quotidiana a ritmo sostenuto, è il presupposto per un sereno rapporto con la bilancia. Non solo, "una buona dieta deve essere anche una dieta buona: dobbiamo godere di tutte le emozioni che ci vengono dal cibo" raccomanda Patrizia Bollo, dietista, docente di dietistica delle patologie endocrino- metaboliche all' Università Statale di Milano. Nel suo libro Diet-etica (Ponte alle Grazie) spiega come rifuggire dalla monotonia di regimi basati su tabelle e numeri e godere di un'alimentazione ipocalorica che faccia sì perdere peso, senza però far perdere anche l'allegria. Perché allo sforzo di dimagrire spesso si aggiunge quello di stravolgere le abitudini, come la prima colazione a base di spaghetti aglio, olio e peperoncino, prescritta da un guru brianzolo. Meglio evitare, infine, le diete monocibo o a base di prodotti esotici, costosi e poco reperibili. "Cambiare abitudini alimentari che si sono seguite per anni non e facile" conclude Renzo Pellati, specialista in scienza dell'alimentazione e autore diTutti i cibi dalla A alla Z (Mondadori), guida a un'alimentazione sana e corretta, alla decima edizione. "Per avere successo occorre inserire nuove dosi, nuovi cibi. Ma in modo graduale. E senza forzature".
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