MAURO CORONA è uno dei miei scrittori preferiti. Ho letto tutti i suoi libri e nemmeno uno non mi è piaciuto. Parla un linguaggio a me familiare, descrive posti, vite, leggende, tradizioni che io condivido da quando sono nata, avendole assorbite nei lunghi anni passati tra i monti di Sappada. L'ho conosciuto personalmente e trovo che sia un vero montanaro, rude ma gentile, grezzo nell'aspetto ma colto nello spirito, un uomo che ha saputo riversare i suoi fantasmi nei suoi libri, come una specie di psicoterapia, e su cui il successo inaudito non ha lasciato molte tracce visibili, se non un benessere materiale di cui sicuramente godranno i suoi figli e i figli dei suoi figli, visto che egli stesso dichiara di non averne nessun bisogno. Un uomo dolcissimo con i bambini, un educatore che cerca di trasmettere i pochi valori veri della vita. Un uomo generosissimo, un gran bevitore, un gran alpinista e un grandissimo scultore. Insomma, nonostante le costanti diatribe con mio marito Stefano che lo considera "un finto", io lo adoro.
Vi consiglio di leggere questo suo ultimo libro, perchè tra tutti i suoi romanzi è il più autobiografico, il suo testamento letterario. Eccovi la trama :
In una stanza immersa nella penombra una donna, giunta all'autunno della
vita, si muove lentamente appoggiandosi a un bastone. Intorno a lei
sculture di ogni tipo. La donna le sfiora e insegue il ricordo di un
uomo. Un uomo schivo, selvatico, che però ha saputo rendere eterno nel
legno il sentimento che li ha uniti. Ogni statua evoca un episodio della
vita avventurosa che quell'uomo ha vissuto e amava condividere con lei,
le difficoltà di un'infanzia di povertà e abbandoni, in cui la più
grande gioia era stare con i fratelli e i nonni attorno al fuoco, la
sera, imparando a intagliare il legno, o sentire la vibrante intensità
della natura durante una battuta di caccia. Ogni
angolo arrotondato delle sculture fa affiorare in maniera dirompente
l'orgoglio e la rabbia di quel giovane che, crescendo, aveva voglia di
farcela da solo, cancellando le ombre del passato che lo tormentavano.
Ma quei profili, quelle figure che ancora profumano di bosco, raccontano
anche che l'amore può trovare pieno compimento solamente nella
trasfigurazione, nel sogno, perché l'unica via per non rovinare quel
sentimento vero e cristallino è allontanarlo dalle mani dell'uomo che,
nella sua intrinseca incapacità di essere felice, finirebbe
inevitabilmente per sprecarlo. Dai boschi che Mauro Corona ci ha
insegnato ad ascoltare e ad amare si leva in questo romanzo una voce
nuova, per molti versi inaspettata, a tratti dolente ma non per questo
meno energica. Questo libro è il mémoire di un'infanzia negata, segnata
da brutalità e miseria, di una vita scandita dai ritmi implacabili della
natura, delle sue necessità, delle sue catastrofi, e insieme un canto
di struggente dolcezza sulla possibilità di salvare sempre, in mezzo
alla fatica di vivere, dignità, umanità e anche profonda tenerezza.
Mauro Corona racconta la storia di un uomo coraggioso fino all'ultimo
giorno, dell'amore impossibile, delle mani che conoscono il legno e la
roccia, del tempo che passa e delle parole che - a volte - sono in grado
di fermarlo. Un romanzo di straordinaria intensità che segna, nella
produzione di Corona, un vero momento di passaggio. Come la "Cuna dei
morti che piangono" narrata nelle ultime pagine, è la fessura stretta in
cui il senso di un'esistenza converge ma da cui nascono, come germogli a
primavera, nuove mirabili storie da narrare intorno al fuoco.
BUONA LETTURA A TUTTI VOI !!!!!
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